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La sindrome da burnout subentra quando viviamo una situazione di forte stress da lavoro, e non riusciamo più a gestire un carico eccessivo. Il mondo del lavoro ci mette ogni giorno alla prova con nuove sfide e imprevisti, ma se tiriamo troppo la corda, caricandoci le spalle con responsabilità che vanno oltre le nostre possibilità, ci “bruciamo”.
Dall’inglese “to burn out”, altro non significa, infatti, che “esaurirsi, bruciarsi”. Una sindrome che non si limita entro lo spazio di ufficio, ma accompagna il soggetto colpito anche nella propria quotidianità familiare. Il risultato è un senso di malessere che non lascia scampo, disturbandoci in ogni momento.
Fortunatamente una terapia alla esiste. Prima di intraprenderla, però, è necessario individuare quali sono i sintomi, in modo da intervenire per tempo ed evitare che sfoci in condizioni peggiori.
Cos’è la sindrome da burnout: la definizione dell’OMS
Secondo l’OMS (organizzazione mondiale della sanità), questa problematica non è una vera e propria malattia; la definisce come un fenomeno lavorativo, inserendola fra i “fattori che influenzano lo stato di salute”.
Ecco spiegato il motivo per cui parliamo di “sindrome”, in quanto il burnout è provocato da un insieme di sintomi, per cui l’OMS ha fornito molte indicazioni, ma un po’ meno in materia di terapia.
Nonostante non rientri nell’albo delle malattie, non è consigliabile prendere la sindrome da burnout sottogamba, in quanto influenza negativamente sia lo stato di salute generale del soggetto (psico- fisico), sia lo stato professionale.
Quali sono i sintomi?
Prima di analizzarne i sintomi, dobbiamo comprendere le modalità in cui si manifesta. È questa parte più difficile, in quando si arriva alla diagnosi quando la maggior parte dei sintomi concomitanti si sono già manifestati.
Non è un evento improvviso, bensì è un processo di decadimento lento e graduale.
Nella prima fase della sindrome ci sono problemi di salute fisica piuttosto comuni che facilmente sottovalutiamo o imputiamo a cause terze. D’altra parte, chi penserebbe subito al burnout se non dormiamo la notte o abbiamo forti mal di testa.
Invece, insonnia e cefalea sono i primi segnali d’allarme che dovrebbero invitarci a riflettere. Così come il mal di stomaco o un senso di stanchezza prolungata nonostante lunghi periodi di riposo. E se è vero che a nessuno piace andare al lavoro, non dovrebbe essere nemmeno normale avvertire forte ansia e preoccupazione nel mentre svolgiamo la nostra routine.
Presi singolarmente, sembrerebbero sintomi slegati fra loro, e proprio qui si realizza il gap fra lo sviluppo e diagnostica della sindrome da burnout. Invece, si tratta di un discorso molto più complesso destinato a peggiorare se non preso per tempo, con ripercussioni sul piano fisico con complicanze come tachicardia, senso di soffocamento, vertigini, nausee e inappetenza.
Sul piano emotivo/ comportamentale, il burnout può portare a questi ulteriori sintomi:
- bassa autostima,
- pianti improvvisi,
- senso di inadeguatezza,
- inquietudine,
- stanchezza cronica,
- poca lucidità sul lavoro,
- difficoltà a concentrarsi,
- tendenza all’isolamento,
- costante senso di colpa.
Come curare la sindrome da burnout?
All’insorgenza dei sintomi sopracitati conviene rivolgersi ad uno psicologo. Lo specialista analizzerà la gravità della sindrome e fornirà di conseguenza il trattamento terapeutico più efficace.
La visita dal medico è importante anche per accertarsi si tratti di burnout e non di altro. Non è una contraddizione: la prima cosa da escludere è infatti se siano presenti problemi di depressione o disagi irrelati alla sindrome da burnout. O meglio, sono patologie eventualmente conseguenti alla sindrome da burnout. Il compito dello specialista è capire se si tratti di malattie preesistenti o derivanti.
Per quanto riguarda la terapia, bisogna lavorare su più livelli. Prima di tutto individuare quali siano gli elementi di disturbo sul lavoro; scavare all’origine del disagio ci fa comprendere chiaramente cosa dobbiamo cambiare per lavorare serenamente. Magari svolgiamo mansioni o turnazioni troppo pesanti; oppure abbiamo solo bisogno di imparare a distribuire più correttamente la mole di lavoro nell’arco della giornata.
Il livello successivo è cercare di capire se nella nostra vita privata vi sono fattori che contribuiscono a stressarci. Trattandosi di una condizione che abbraccia ambo gli ambiti, lo psicoterapeuta dovrà chiarire in che modo interagiscono, ovvero se i rapporti personali contribuiscono a stressarci e in quel caso aiutarci ad allontanare persone e situazioni tossiche.
L’obiettivo della terapia è riportare il soggetto ad uno stato generale di normalità ed equilibrio fra lavoro e vita privata. Si cercherà di favorire il contatto con i colleghi, fornire strumenti organizzativi per aiutare il soggetto a gestire adeguatamente il carico di lavoro.
Non meno importate, soprattutto in caso di peggioramento della sindrome da burnout, l’assistenza medica è importante per dimostrare l’insorgenza della malattia professionale. Si tratta di una patologia sviluppata nell’ambiente di lavoro, ed esiste una giurisprudenza che la regolamenta anche attraverso risarcimenti.