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Durante un colloquio di lavoro vengono poste domande in grado di dire molto sulla personalità di ciascuno; soprattutto riguardo i pregi e i difetti. Di questi ultimi in particolare abbiamo paura: l’idea è sempre celarli, ma spesso quella sana dose di ansia e adrenalina pre-colloquio non fanno altro che acuirli.
Per prima cosa allora dobbiamo capire come sono strutturate le domande al colloquio di lavoro. Seguono infatti una logica ben precisa, e possiamo categorizzarle in questo modo:
- Domande generali
- Informazioni sul candidato
- Domande di competenza
Si tratta di macrocategorie al cui interno vivono altrettante sfumature che cercheremo di analizzare in questo articolo.
Domande generali: informazioni personali
Partiamo dalla primissima categoria, ovvero le domande generali. Oltre che metterci a nostro agio, l’obiettivo è cercare di carpire quante più informazioni base possibile. Indipendentemente dal mezzo di comunicazione, che sia face to face o un’intervista telefonica/ online, la routine non cambia. Aspettatevi, allora, domande aperte che prevedono il racconto personale.
È il famoso: mi parli di lei, la cui intenzione è chiara. I recruiters ci stanno offrendo la possibilità di parlare a ruota libera di noi stessi, per capire non solo di più circa la nostra personalità, ma anche se siamo in grado di selezionare le informazioni principali. Il nocciolo della questione è proprio questo: in che modo individuiamo quelle importanti? Dovete riflettere su cosa, della vostra persona e formazione, è rilevante ai fini del colloquio.
Una fase così generica è l’occasione perfetta per parlare del proprio percorso formativo e professionale; sia che siamo freschi di studio e alla prima esperienza, sia con molti anni di servizio alle spalle, quello che deve passare al recruiter è perché e in quale modo il vostro bagaglio apporterebbe valore sul lavoro.
Sembra quasi una domanda a trabocchetto. In realtà è una bella sfida che dobbiamo ancora una volta sfruttare a nostro favore; l’errore più comune commesso in questa fase è perdersi in informazioni non pertinenti. Restringete il campo immaginando quali sono i tuoi più grandi pregi nell’ambiente di lavoro; funziona anche se magari avete qualche episodio passato, magari testimonianze di colleghi che avvalorino i vostri pregi.
Nel caso in cui ci troviamo alle prime armi, un modo intelligente di descriverci potrebbe essere attraverso aggettivi che sottolineano non solo l’entusiasmo che ci spinge verso una posizione molto interessante, magari ulteriormente formativa, ma soprattutto la voglia di metterci in gioco, prendere l’iniziativa e sperimentare sul campo le proprie potenzialità.
Informazioni sul candidato: come ti comporti sul lavoro?
Sondato il terreno sulle generalità, e presa visione di percorsi formativi/ professionali, ecco arrivare un gruppo di domande mirate all’analisi del comportamento sul lavoro. Lo scopo è avere percezione delle ambizioni del candidato, capire cosa lo motiva e quali obiettivi professionali si sia prefissato. È intenzionato a fare carriera? Se sì, sarebbe in grado di sopportare una mole di lavoro maggiore e gestire conseguentemente lo stress correlato all’aumento delle responsabilità?
In breve, si tratta di domande dal risvolto psicologico, che misurano l’idoneità di un potenziale candidato. In questa fase molto delicata di un colloquio, sono apprezzati pregi quali:
- problem solving
- lavorare sotto stress
- gestire il lavoro in autonomia e d’intraprendenza
- capacità di rispettare le deadline
Via libera a domande come: quali sono interessi personali oltre il lavoro, oppure come scarica la frustrazione, come si vede fra 10 anni ecc… La cosa fondamentale in questi casi è far capire all’esaminatore che abbiamo una vita privata soddisfacente quale perfetta dimostrazione del life work balance.
Per lo stesso motivo delle ambizioni personali, vi potranno sottoporre a domani personali che cercano di indagare sui motivi che vi hanno spinto a cambiare lavoro; non prendetela come un’intromissione in questioni personali, piuttosto utilizzatela per dimostrarvi una persona dinamica e intraprendente.
Il discorso vale anche per domande più scomode circa le aspettative economiche nonché di gestione del personale in caso di posizioni manageriali. Il mood è chiarire in che misura e fino a che punto possiamo contribuire all’azienda, non esclusivamente in base alla posizione scelta.
Colloquio di lavoro: cosa sai fare davvero?
No, saper scrivere un CV da solo non basta.
Per essere davvero esaustivi, dobbiamo renderlo vivo, ma che significa?
Immaginate le vostre esperienze pregresse come tanti piccoli elenchi accumulati dai mille curriculum che i recruiters di tutto il mondo si trovano a leggere ogni giorno. Dopo la prima cernita, vi sarà chiesto di dar loro voce, con lo scopo di capire come vi comportavate nella posizione precedente, come vi organizzavate il lavoro e quali sono stati i maggiori successi raggiunti; nondimeno, se ci sono stati (e come li avete gestiti nel caso) situazioni di crisi.
Stesso discorso per la questione lingue straniere oppure con competenze specialistiche, magari tech, o comunque relative a strumenti professionali indispensabili per svolgere correttamente il lavoro. L’obiettivo del recruiter in questa fase è capire se siete letteralmente idonei ala posizione.
Più che su quale sia la domanda secca posta a un colloquio di lavoro, dobbiamo imparare a ragionare su quali sono le domande che dobbiamo aspettarci ( Colloquio di lavoro? Ecco le 6 domande (e risposte) da conoscere!)
Nostro compito sarà quello di usarle a vantaggio personale, trasformandole in strumenti validi con cui dimostrare pregi e abilità senza dimenticare che seguono tutte una loro logica.