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La selezione del personale è il momento più delicato nella vita di un’azienda. L’obiettivo resta trovare le persone giuste da inserire in team, ma come fa un recruiter a selezionare i profili più idonei alla posizione? Partire con il CV giusto è una marcia in più (abbiamo parlato qui come scrivere un curriculum vitae nel 2021).
Vi sono, però, altri fattori che pesano ai fini di un’assunzione. Il curriculum, anche se ben redatto, da solo non basta a determinare la validità di un candidato rispetto alla posizione scelta. E qui le cose si complicano, perché la selezione del personale è un insieme di valutazioni che portano infine a far propendere l’ago della bilancia verso il candidato ritenuto più idoneo.
Si tratta di un processo a volte lungo e complesso; per facilitare le cose, ecco 5 consigli utili da seguire in fase di selezione del personale.
#Consiglio 1: il candidato ideale non esiste
Per quanti sforzi un recruiter possa fare, il candidato ideale non esiste. Il primo consiglio è proprio questo: capire che in fase di selezione del personale non serve stereotipare. Ciò che conta davvero è la motivazione personale, una preparazione adeguata al lavoro da svolgere e il possesso di soft skills complementari alle competenze tecniche richieste.
L’empatia è fondamentale in questi casi; ecco perché chi si preoccupa in azienda di selezionare il personale deve riuscire a mettere a proprio agio i candidati, farsi un’idea della personalità che ha davanti pur restando sempre vigile nell’osservazione del comportamento.
#Consiglio 2: osserva il comportamento dei candidati
Ed ecco svelato il secondo consiglio. L’osservazione del comportamento può già da sola dire molto intorno alla personalità del candidato, e vi aiuterà a capire se sia potenzialmente adatto a svolgere quella mansione. Una buona dose di ansia e nervosismo sono comprensibili durante il colloquio, non fatene una tragedia; cercate piuttosto di stemperare la situazione per andare più a fondo.
Ciò che deve emergere alla fine è l’entusiasmo del candidato verso la posizione e l’azienda; soprattutto, se ne condivide i valori. Sarebbe quasi impossibile immaginare altrimenti una collaborazione, perché frustrante da ambo le parti.
Saranno dunque molto gradite domande più approfondite sull’azienda, che mostrano un sincero interesse nel farne parte. Anche l’approccio verso la mansione è importante: osservate se il candidato cerca di indagare per scoprire maggiori dettagli sul lavoro che dovrebbe svolgere, oppure se si mostra sicuro di sapere come gestire il lavoro sulla scorta delle proprie competenze ed esperienze pregresse.
Siate tranquilli, perché se a parole vi sembra convincente, potrete sempre metterlo alla prova.
#Consiglio 3: mettere alla prova il candidato con business case
Ovvero, il consiglio numero quattro. Ci sono personalità più o meno estroverse, per tutto il resto ci sono sfide. I business cases da risolvere sono una modalità di selezione del personale abbastanza frequente, che aiutano soprattutto nelle primissime fasi di scrematura, quando ci si trova di fronte un grosso numero di candidati.
La verità è che mettono il candidato di fronte al problema concreto, ma attenzione a valutarli; generalmente, i candidati tenteranno di portare a termine l’intero compito assegnato, rispondendo a tutte le domande e presentandosi in nome della quantità. La selezione del personale deve avvenire invece in nome della qualità.
Ciò implica che un recruiter non debba valutare se il compitino è stato portato a termine; basta anche un lavoro svolto a metà ma da cui carpire il ragionamento fatto. Questo fa la differenza fra mille profili potenzialmente idonei. Il passo successivo è il periodo di prova.
#Consiglio 4: non sottovalutate il valore dei periodi di prova
La cosa migliore se siete indecisi è prendere in prova la persona. Non c’è business case che tenga: solo inserendo direttamente in team il vostro uomo (o donna) potrà dimostrarvi ciò che sa fare. Prendete il periodo di prova, che siano un paio di settimane o un paio di mesi, come un modo per conoscervi reciprocamente, capire se il feeling intravisto in fase di colloquio ha tutti i presupposti per trasformarsi in una collaborazione duratura oppure no.
Si tratta di un momento molto delicato soprattutto perché avrete più occasione di osservare il candidato sia in situazioni di eventuale stress che in contesti più distesi, come le pause pranzo. E sono questi i momenti in cui la personalità viene fuori, aiutandovi nella relazione di un giudizio più completo e che va oltre le classiche domande scontate in fase di colloquio.
#Consiglio 5: i colloqui sono il passato
Chiudiamo la lista con il consiglio numero cinque, che vuole essere un invito a cambiare prospettiva in fase di selezione del personale.
Un recruiter, infatti, non deve dare mai per scontato le domande che un candidato gli pone; dal canto suo, non può permettersi di porre domande scontate. Lo scambio di opinioni è importante, ma quando fate colloqui di lavoro vi serve veramente chiedere che percorso di studi ha fatto? Non c’è scritto sul CV? (I 5 errori più comuni quando si scrive un CV)
Ecco che sono le competenze trasversali o la simulazione di una giornata tipo nella vostra azienda che vi faranno capire chi sia il candidato più idoneo, ed è anche questo il motivo per cui non bisogna pensarci troppo su nell’assumere in prova: è la nuova metrica di selezione.